Uno dei vantaggi delle fotocamere digitali più evolute consiste nel poter scegliere il formato con cui salvare le proprie fotografie. Possiamo definire i formati come una serie di specifiche che consentono la memorizzazione dei dati secondo determinati criteri; ogni formato avrà quindi caratteristiche ben precise.
In questo articolo approfondiremo i due formati maggiormente utilizzati in campo fotografico.
Prima di tutto però è bene comprendere cosa succede quando scattiamo una fotografia.
Premendo il pulsante di scatto, la macchina fotografica digitale esegue una serie di operazioni finalizzate a:
– rilevare la luce impressa sul sensore;
– tradurre i valori rilevati in informazione digitale;
– elaborare i dati in base ai parametri impostati;
– memorizzare il risultato ottenuto.
Al termine dell’intero processo verrà generato un file che sarà salvato sulla scheda di memoria.
Detto questo, i due formati più usati nella fotografia digitale sono il JPEG e il RAW.
Quest’ultimo è però generabile solo da fotocamere di un certo livello: reflex e prosumer (dette anche bridge).
Quindi, supponendo di possedere una reflex, quale formato è meglio utilizzare?
La risposta non è poi così scontata. Se da un lato il formato RAW racchiude in sé la massima quantità di informazione e mediante una corretta ottimizzazione (in post-produzione) garantisce un’impareggiabile ricchezza di dettagli, dall’altro il celeberrimo formato JPEG è molto leggero, versatile e già “pronto all’uso”. Non esiste quindi un formato migliore in assoluto, ma possiamo scegliere il formato più adatto in funzione delle nostre esigenze. |
Prima di analizzare a fondo le caratteristiche dei due formati, è bene prendere dimestichezza con alcuni termini tecnici, ormai diventati di uso comune:
Profondità di colore e gamma dinamica
La profondità di colore è la massima quantità di colori riproducibili da un formato immagine (es. JPEG, RAW, ecc.) o da un dispositivo hardware (es. monitor, stampanti, ecc.). Tale valore viene solitamente espresso in “bit”.
Bisogna sapere che nella fotografia digitale, ma anche in diversi altri ambiti, un colore viene identificato attraverso tre componenti fondamentali: il rosso, il verde e il blu. Queste tre variabili vengono anche definite canali. La profondità di colore corrisponde al numero di combinazioni ottenibili miscelando queste tre componenti.
I canali sono rappresentabili mediante una gradazione di colore (rosso, verde o blu) di intensità crescente. Per comprendere meglio il concetto, pensiamo ad una serie di sfumature che partono dal colore nero fino a raggiungere il colore del canale in questione (vedi figura a lato). Ciascuna componente ha una determinata quantità di gradazioni e quindi ogni sfumatura è identificabile attraverso un definito numero di bit. Sommando i bit necessari ad identificare le tre componenti si ottiene appunto la profondità di colore. |
Esempio:
Nel caso di un’immagine a 8 bit per canale otterremo una profondità di colore pari a:
8 bit x 3 canali = 24 bit di profondità di colore
che corrisponde a:
2 24 = 16,8 milioni di colori riproducibili
La gamma dinamica è invece quell’intervallo di intensità luminosa percepibile da un determinato apparato fotoricettivo. Segnali luminosi inferiori a tale intervallo verranno registrati come colore nero (assenza di luce), mentre segnali superiori verranno interpretati come colore bianco (massima intensità di luce percepibile).
Un sensore con elevata gamma dinamica permetterà di catturare un intervallo di intensità luminosa maggiore rispetto ad un sensore con caratteristiche inferiori. Ciò significa che più sarà elevato questo intervallo, maggiori saranno le “gradazioni di luminosità” distinguibili.
Un sensore ad alta gamma dinamica necessita però di un “contenitore” software in grado di includere tutte queste informazioni: questo è garantito dai formati con elevata profondità di colore.
Post-produzione
Fase di elaborazione e perfezionamento dell’immagine compiuta con l’ausilio di software dedicati. Prende il nome di “post-produzione” proprio perché avviene in una fase successiva alla produzione, cioè dopo lo scatto.Gli interventi di post-produzione attuabili su un’immagine possono essere tra i più svariati: dal bilanciamento del bianco al ritaglio dell’immagine (crop), dal controllo della saturazione all’utilizzo di tecniche di “cloning”, dall’applicazione di pseudo-filtri fotografici alla gestione della vignettatura, ecc. |

IL FORMATO JPEG
JPEG è il formato immagine maggiormente utilizzato sia nella fotografia digitale, sia per le immagini sul web.
I files di questo tipo presentano un’estensione “.jpg“. La principale caratteristica di questo formato, che ha oltretutto decretato il suo enorme successo, sono le ridotte dimensioni dei files a fronte di una qualità più che accettabile.
Il nome JPEG è l’acronimo di “Joint Photographic Experts Group”, l’ente che ha presentato questo formato come standard per la compressione delle immagini.
Qualità d’immagine e quantità di informazioneDurante il salvataggio di uno scatto in formato JPEG viene applicato un algoritmo, al fine di ridurre le dimensioni del file. Tale processo applica una compressione con perdita, in inglese detta “lossy”, cioè che comporta una degradazione complessiva dell’immagine. La compressione avviene rimuovendo alcune “informazioni” dalla fotografia, ritenute le “meno percettibili”.L’intensità della compressione è un parametro regolabile in fase di salvataggio: |
– maggior compressione genererà files di ridotte dimensioni, ma anche di minor qualità;
– minor compressione invece preserverà la qualità delle fotografie, ma si otterranno files di dimensioni maggiori.
Inoltre, a seguito di una serie di elaborazioni effettuate dal “software di bordo” (firmware) della fotocamera, l’immagine JPEG assume una nitidezza, una saturazione e un contrasto tale da renderla immediatamente apprezzabile e fruibile subito dopo lo scatto.
La compressione del formato JPEG possiede però un risvolto negativo, da non sottovalutare.
Per ogni modifica (con salvataggio) compiuta su un file “.jpg“, l’immagine subisce una degradazione progressiva, proporzionale al numero di interventi effettuati.
Nelle seguenti miniature è possibile comprendere immediatamente quanto appena espresso.
Profondità di colore
Il formato jpeg è in grado di gestire 8 bit per canale. Applicando la formula incontrata prima otteniamo una profondità di colore complessiva pari a 24 bit, che garantisce la rappresentazione di 16,8 milioni di colori.
Tale valore è in linea con la profondità di colore tipica di monitor e stampanti; quanto appena detto è una generalizzazione ma è necessaria per comprendere che tutti i colori memorizzabili in un’immagine JPEG possono essere riprodotti a video e in stampa.
Se invece avessimo utilizzato un altro formato avente una maggior profondità di colore, solo un sottoinsieme di quest’ultima sarebbe stata riproducibile a video o in stampa; la restante parte di informazione non verrebbe visualizzata, comportando quindi una perdita di “dettaglio”.
Software per la visualizzazione e la gestione dei files JPEG
Qualunque software di elaborazione fotografica e di visualizzazione immagini è in grado di gestire le immagini JPEG. Inoltre qualsiasi sistema operativo apre i files JPEG nativamente. |
Principali caratteristiche del formato JPEG
– E’ un formato standard.
– E’ visualizzabile mediante qualsiasi software grafico e sistema operativo.
– Comprime secondo un processo con “perdita”: viene rimossa l’informazione “meno percettibile”.
– E’ possibile scegliere l’intensità della compressione in fase di salvataggio.
– Ha una profondità di colore non molto elevata: 24 bit (8 bit per canale).
– E’ caratterizzato da files di ridotte dimensioni, se confrontato con un pari scatto memorizzato in RAW.
(es. Con fotocamere da 10 MegaPixel si ottengono files con dimensioni comprese tra i 2 MB e i 4 MB circa)
– Gli scatti vengono processati dall’hardware/firmware della fotocamera.
– Le immagini risultano più nitide, più contrastate e più sature rispetto allo stesso scatto memorizzato in RAW.
– Le fotografie sono già pronte per essere stampate, inviate per mail o pubblicate su internet.
– Ad ogni modifica si ha una degradazione dell’immagine (anche solo effettuando una rotazione).

IL FORMATO RAW
RAW è il formato di memorizzazione più utilizzato tra i professionisti della fotografia digitale.
La principale caratteristica risiede nella maggior quantità d’informazioni contenute rispetto a qualsiasi altro formato, in quanto i dati memorizzati sono rilevati direttamente dal sensore della fotocamera, prima che questi vengano elaborati dal “software di bordo” (detto firmware).
Non avendo subìto alcuna alterazione, questi dati sono i più preziosi ma anche i più complessi da gestire.
E’ quindi necessario intervenire con appositi strumenti software e possedere una collaudata abilità nella manipolazione dei vari parametri per ottenere risultati soddisfacenti.
Inoltre, non essendo uno standard, ogni azienda del settore fotografico ha sviluppato un suo formato RAW proprietario. Di conseguenza, per aprire questi files sono necessari software specifici, generalmente forniti a corredo della fotocamera.
I files RAW presentano estensioni diverse a seconda del produttore. Alcune tra queste sono:
Canon -> “.cr2” Nikon -> “.nef” Sony -> “.arw” Pentax -> “.pef” Kodak -> “.dcr” Olympus -> “.orf“
“Un file RAW senza una corretta elaborazione è come un’auto da Formula 1 nel traffico cittadino: è controproducente.”
Diversamente da quanto si possa pensare, il termine RAW non è un acronimo bensì una parola inglese, “raw” appunto, che significa “grezzo”. Il significato di questo nome è da ricercare nel modo in cui vengono memorizzate le informazioni “catturate” dal sensore, le quali, non subendo alcuna elaborazione, vengono quindi definite grezze.
Qualità d’immagine e quantità di informazione
Un file RAW è quando di meglio si possa pretendere per qualità d’immagine. Non bisogna però confondere questo “parametro” con la nitidezza, il contrasto o la saturazione. La qualità d’immagine deve essere interpretata come la quantità di informazione contenuta nell’immagine.
Aprendo un file RAW, infatti, è immediato notare quanto l’immagine sia più “spenta e morbida” dello stesso scatto effettuato in JPEG, a parità di parametri. La forza di un’immagine RAW risiede nella quantità di informazioni contenute: ma solo attraverso un attento lavoro in post-produzione permette di valorizzare tutte le qualità di questo formato.
Profondità di colore
Le immagini raw, non seguendo un formato standard, possono avere profondità di colore differenti a seconda del modello di fotocamera utilizzata. Le macchine fotografiche più moderne memorizzano immagini a 14 bit per canale, mentre le altre arrivano fino a 12 bit per canale.
Se consideriamo 14 bit per canale, otteniamo una profondità di colore pari a
14 bit x 3 canali = 42 bit di profondità di colore
(cioè circa 4.400 miliardi di colori riproducibili)
che corrisponde a:
2 14 = 16.384 gradazioni per ogni componente fondamentale
rispetto alle misere 2 8 = 256 gradazioni per canale visualizzabili su uno schermo per pc.
Sebbene così tante sfumature non siano visualizzabili su nessun monitor, è possibile recuperare questa informazione “latente” per sfruttarla in opportune circostanze.
Consideriamo, per esempio, una fotografia ad alto contrasto, magari ripresa in controluce.
Uno scatto con queste caratteristiche, memorizzato in JPEG, presenterebbe probabilmente estese aree bianche (bruciatura delle alte luci) e ombre totalmente nere.
Scattando invece in RAW e con l’aiuto di software specifici, è possibile recuperare queste aree agendo mediante alcuni comandi. Si riusciranno così ad ottenere un po’ d’informazioni dal cielo apparentemente bianco (vedi le nuvole) e qualche dettaglio dalle ombre, che altrimenti sarebbero andate perse per sempre se avessimo salvato in formato JPEG.
Tutto questo è possibile grazie all’elevata gamma dinamica del sensore utilizzato (fotocamera) e alla maggior profondità di colore del formato RAW.
Software per la visualizzazione e la gestione dei files RAW
Diversamente dal formato JPEG, solo pochi software riescono ad interpretare i files RAW.A corredo delle fotocamere in grado di salvare in questo formato, vengono sempre forniti software adatti allo scopo, come “Canon Digital Photo Professional” e “Nikon Capture“.Per chi invece volesse utilizzare “strumenti” di terze parti, riporto alcuni tra i più conosciuti: Adobe Camera RAW, ACDsee Pro, Google Picasa, ecc. |
Principali caratteristiche del formato RAW
– Non è un formato standard. Ogni casa produttrice adotta il suo formato RAW proprietario.
– Possiede un’elevata profondità di colore: 14 bit per canale nelle fotocamere più moderne, 12 bit per le altre.
– Nessuna perdita di informazione: tutti i dati acquisiti vengono memorizzati senza subire elaborazioni.
– E’ caratterizzato da files di grosse dimensioni, se confrontato con un pari scatto memorizzato in JPEG.
(es. Con fotocamere da 15 MegaPixel si ottengono files RAW con dimensioni comprese tra i 15 MB e i 25 MB circa)
– Le immagini risultano più “morbide e spente” rispetto allo stesso scatto realizzato in JPEG.
– I files non sono direttamente utilizzabili: richiedono software specifici per essere convertiti in immagini.

CONCLUSIONI
JPEG e RAW sono formati che andrebbero sfruttati per scopi differenti.
Scartare un formato a priori non è una mossa intelligente, ma evidenzia solamente un’inutile presa di posizione.
Fotografare in formato RAW solo perché “va di moda” è un ragionamento insensato e controproducente.
Nonostante gli indubbi “plus” di questo formato, conviene sempre avere ben chiaro il risultato che si vuole raggiungere… e come lo si vuole raggiungere.
Non bisogna sottovalutare il fatto che per sfruttare le potenzialità del RAW è necessaria una buona abilità nelle tecniche di post-produzione fotografica.
Consiglio di scattare in JPEG se:
– non pretendete la massima qualità d’immagine
– avete necessità di utilizzare gli scatti fin da subito (per una presentazione al volo, per inviarli via mail, ecc.)
– non avete dimestichezza nell’utilizzo dei software di post-produzione fotografica
– la vostra scheda di memoria non è molto capiente
Consiglio invece di scattare in RAW se:
– volete ottenere il massimo dai vostri scatti
– avete intenzione di visionare e ottimizzare tutti i vostri files RAW in post-produzione, uno ad uno
– siete abili a manipolare i files RAW mediante i software di post-produzione
– avete una scheda di memoria molto capiente
La soluzione ideale: RAW + JPEG. Le fotocamere più evolute permettono di memorizzare gli scatti in entrambi i formati, contemporaneamente. A patto di avere un’elevata capacità di memorizzazione (schede di memoria molto capienti) è possibile impostare la fotocamera su questa modalità. Avremo quindi a disposizione entrambi i formati per ogni scatto, garantendoci la possibilità di utilizzare quello più adatto in funzione delle effettive necessità. |
0 commenti